Il Congresso Israelitico di Firenze (30 aprile – 5 maggio 1867)
Il Congresso Israelitico di Firenze del 1867 è il punto di arrivo di una stagione d’intensi dibattiti che videro protagonista l’Ebraismo italiano d’Ottocento. Non fu l’unico, ma fu senza dubbio il primo Congresso d’interesse nazionale. Nel 1856 alcune Università Israelitiche (denominazione ufficiale delle odierne comunità ebraiche; solo dal 1989 sarà adottata ufficialmente la denominazione oggi in uso) piemontesi erano già convenute a Vercelli in un congresso di portata locale. Nel 1863 si ebbe, poi, un ulteriore incontro a Ferrara aperto a tutte le Università entrate a far parte dello stato sabaudo in seguito agli eventi della Seconda Guerra d’Indipendenza, conclusasi con la proclamazione del Regno d’Italia. Tuttavia, comunità quali Venezia, Padova, Mantova, Roma e Trieste non vi poterono intervenire, trovandosi ancora al di fuori dei confini nazionali. In seguito allo scoppio della Terza Guerra d’Indipendenza (1866), il Congresso fiorentino, originariamente fissato a tre anni da quello ferrarese, fu rinviato all’anno successivo, quando ormai il Veneto era a pieno diritto parte dello stato italiano. In seguito al trasferimento a Firenze della capitale del Regno (1865), quest’ultima fu preferita a Ferrara come sede del convegno.
La rilevanza storica del Congresso risiede nel suo essere espressione ultima del profondo mutamento sociale che investe gli Ebrei italiani in quel torno di tempo; parallelamente al processo di unificazione politica del paese, infatti, procede il graduale conseguimento dei diritti civili da parte degli Ebrei. Nel 1848, poche settimane dopo la promulgazione dello Statuto Albertino, Carlo Alberto decide di concedere la parità di diritti (emancipazione) ai suoi sudditi ebrei. Nel 1861, alla proclamazione del Regno d’Italia, e nel 1866, con l’annessione del Veneto, questo storico traguardo si estende alla gran parte degli Ebrei italiani.
L’emancipazione rende necessaria una sostanziale ristrutturazione dei rapporti tra comunità ebraiche e stato. L’entità e le modalità specifiche di tale riorganizzazione sono oggetto di ampia discussione e trovano riscontro in vari punti del programma presentato al Congresso. A queste problematiche “nuove” si uniscono questioni a lungo dibattute di natura eminentemente interna come l’opportunità di una riforma del culto e, questione non peregrina, quali contenuti dare a tale riforma.
Archivio Terracini. Fondo Saluzzo. Università Israelitica di Saluzzo. Culto e Cimiteri. Serie 4, fald. 20, fasc. 26.
Archivio Terracini. Fondo Mondovì. Comunità. Rapporti con altri enti ebraici. Congresso Nazionale di Firenze. Mon. 237
L’Archivio conserva due fascicoli, uno proveniente dal fondo della comunità di Mondovì, l’altro da quello della comunità di Saluzzo, in cui è raccolta la documentazione specificamente inerente al Congresso; tra queste carte è conservato il programma che David Levi, presidente della Commissione Esecutrice del Congresso di Ferrara (e già presidente dell’Università Israelitica di Firenze), spedì a tutte le comunità in data 15 aprile 1867 ed in cui erano elencati i punti all’ordine del giorno del convegno:
- rendiconto finanziario della già menzionata Commissione Esecutrice;
- resoconto delle attività della Commissione per la promozione di «buoni libri israelitici»;
- posizione da tenere nel caso il governo ed il parlamento applichino il principio «libera Chiesa in libero Stato», eliminando ogni ingerenza pubblica «negli affari di religione»;
- opportunità di sostenere la promulgazione di una legge che regoli l’ordinamento delle comunità ebraiche e stabilisca la partecipazione obbligatoria alle spese per il culto e per l’istruzione religiosa;
- mantenimento ed estensione a tutto il Regno della legge del 4 luglio 1857 (Legge “Rattazzi”), senza promuoverne alcun emendamento;
- opportunità di richiedere un sussidio statale al culto;
- istituzione di Collegio Rabbinico Italiano;
- opportunità di riconoscere come Collegio Rabbinico Italiano quello di Padova;
- se e quali misure si debbano richiedere al governo e ai comuni a favore degli ebrei indigenti, perché non debbano venir meno ai loro principi religiosi nella fruizione di vantaggi concessi anche agli altri concittadini;
- resoconto di episodi locali di antisemitismo («fatti […] favorevoli o contrarii ai principj di libertà di Culto e di civile uguaglianza»);
- elezione di una Commissione permanente.
Come si può inferire dai punti sopra riportati, una parte cospicua del Congresso fu dedicata a definire i rapporti tra stato e popolazione ebraica (n. 3 + commi; n. 5); problema alquanto spinoso e che, per quanto riguarda il regno sabaudo, si protraeva da più di vent’anni era la questione dell’ordinamento delle Università Israelitiche. Come si legge nella lettera del 15 giugno 1845, inviata dalla Commissione Speciale Israelitica del Piemonte alle amministrazioni sottoposte all’Università Maggiore del Piemonte, la Segreteria di Stato aveva chiesto che fosse redatto un «Regolamento Economico Amministrativo». Solo nel 1857, con la summenzionata Legge “Rattazzi” si giunge ad una formalizzazione compiuta. Il nuovo ordinamento non mancò in seguito di suscitare vive opposizioni tra le comunità particolarmente riguardo al sistema di ripartizione dei contributi che i membri dovevano versare. Per tale ragione l’opportunità di proporre degli emendamenti alla legge o di crearne una nuova che rendesse obbligatorio il contributo al culto per ogni «correligionario» fu oggetto di discussione al congresso. La complessità dei rapporti tra stato e comunità si rende evidente nel dibattito su un eventuale sussidio statale alle «Israeliti bisognosi»e, più in generale, sull’ingerenza pubblica in questioni religiose. Da un lato si discute di quali misure a favore degli «Israeliti bisognosi» richiedere al governo e ai comuni, dall’altro ci si riserva di osservare la linea adottata dallo stato in materia di ingerenza negli «affari di religione». La radicale portata del cambiamento nella condizione giuridica si rivela in una rinnovata attenzione da parte delle comunità agli episodi di antisemitismo, in un contesto in cui per la prima volta vigono la libertà di culto e la parità di diritti. Consapevoli che l’equilibrio dei rapporti sociali non muterà nel volgere di un giorno, le comunità sono ora dotate di nuovi strumenti per combattere l’odio e la diffidenza che avevano caratterizzato i rapporti con il mondo “esterno”.
Il fascicolo del fondo Mondovì conserva le deliberazioni del congresso, al contrario del fondo Saluzzo. Per l’elenco completo si fa riferimento all’originale riprodotto. Si tratta di un opuscolo di ampio formato in 6 pagine. Il testo è ripartito in due colonne: a sinistra sono riportati gli articoli del programma, a destra le deliberazioni relative. È firmato in calce dal presidente della Commissione, David Levi, e dai segretari, Raffaele Tedeschi (peraltro, delegato rappresentante della stessa Comunità di Mondovì), Dott. Leone Ravenna e Avv. Dante Coen.
[…] Art. III: sono discussi prima i commi, poi il quesito generale, come esplicitamente dichiarato; riguardo all’opportunità di proporre un nuovo disegno di legge che regoli l’ordinamento delle Università o di estendere a tutto il Regno la legge “Rattazzi” in vigore, «senza curarsi di emendarne i difetti», la maggioranza ritenne di non adottare alcun provvedimento e di mantenere la situazione invariata. Si può osservare una certa cautela da parte delle comunità ad adottare una linea d’intervento attiva nei confronti del governo e del parlamento particolarmente in questioni delicate come quella in oggetto; al contrario, una deliberazione aggiuntiva stabilì che la Commissione dovesse «adoperare i mezzi possibili onde proteggere la esistenza delle leggi vigenti sull’ordinamento della varie Università Israelitiche del Regno», almeno fino a quando non si fosse proceduto all’elaborazione di un nuovo disegno di legge; la questione del sussidio statale al culto è messa da parte per ragioni simili, almeno finché non vi siano chiare violazioni del «principio di uguaglianza dei Culti»; quanto al principio «Libera Chiesa in libero Stato», il Congresso decise che la Commissione si astenesse dall’intervenire, se non per evitare che qualsiasi provvedimento legislativo in merito andasse a detrimento del culto israelitico.Art. IV: fu approvata a maggioranza l’istituzione di un Collegio Rabbinico Italiano, mediante il riconoscimento di quello di Padova in tale ruolo; il collegio è finanziato da un «consorzio» di Università Israelitiche e prevede 4 posti con vitto e alloggio a tariffe agevolate per studenti indigenti; per i membri delle Università consorziate gli studi sono forniti a titolo gratuito (si escludono vitto e alloggio); si unifica in tal modo il percorso di formazione dei giovani rabbini italiani.
Art. V: riguardo alle misure da richiedere al governo e alle amministrazioni locali a favore degli Ebrei indigenti, la maggioranza stabilì che la Commissione si limitasse ad intervenire in casi di evidente discriminazione, eventualmente facendo uso della stampa per sensibilizzare l’opinione pubblica.
Art. VI: la Commissione è incaricata della raccolta e della diffusione di notizie relative ad eventuali casi di discriminazione e violazione dei principi di uguaglianza dei diritti e di libertà di coscienza.[…] Furono discussi alcuni punti aggiuntivi non presenti nel programma, di cui ne riportiamo uno di particolare interesse per dare un saggio del profondo dinamismo d’idee che animò l’Ebraismo italiano ottocentesco:
Art. IX: Il rabbino Davide Terracini della comunità di Asti promosse, come già aveva fatto al Congresso di Ferrara (1863), la riunione di un Concilio Rabbinico che discutesse di una riforma del culto pubblico, atta a modernizzarlo e a conservarlo ad un tempo; a maggioranza fu votata la stesura di un programma, previa discussione dei punti da inserirvi tra i rabbini e le rispettive comunità; quello dell’adeguamento del culto alle esigenze dei tempi moderni fu un tema molto dibattuto e che trovò spazio nella corrispondenza, in opuscoli a stampa, sui giornali ed in varie altre tipologie di documenti conservati negli archivi ebraici italiani. L’Archivio Terracini conserva un opuscolo del rabbino di Mantova, Marco Mortara, dal titolo Della convenienza e competenza di un congresso rabbinico per M. Mortara Rabbino Maggiore, lettere di Davide Terracini, rabbino di Asti, oltre ad alcune lettere di Marco Momigliano, rabbino di Bologna. Il dibattito vide opposte figure più conservatrici ad altre più inclini ad abbandonare o rivedere alcune norme ormai percepite come obsolete.