I concorsi letterari
Il concorso letterario de 1947
A pochi giorni dalla morte del marchese De Levy il Consiglio di Amministrazione della Fondazione bandì un concorso letterario per la pubblicazione di un libro «che riassuma nelle dovute proporzioni gli studi su Cause ed effetti dell’antisemitismo».
Come si legge nel manifesto che pubblicizzava il concorso, il termine di consegna era il 31 dicembre del 1947 e il premio per il primo classificato era di 100.000 lire.
In archivio si conserva il regolamento del concorso, in copia dattiloscritta, da cui, tra le altre cose, appare che il termine di consegna era stato spostato in avanti di sei mesi, a metà 1948.
«Oggetto della trattazione dev’essere l’analisi particolareggiata delle varie cause dell’Antisemitismo (etniche, sociali, religiose, economiche, ecc.) e dei riflessi, reazioni ed effetti che l’antisemitismo produce sia sugli Ebrei che presso i popoli in mezzo ai quali essi vivono.
Il volume, di facile lettura, deve essere scritto o tradotto in lingua italiana.
La parte puramente storica del fenomeno dovrà essere contenuta nei limiti strettamente necessari alla dimostrazione delle tesi sostenute nel libro, il quale complessivamente non supererà le 300 pagine in 16° corpo 8. […]
Essi saranno giudicati da una commissione di 5 membri di cui saranno resi i nomi con prossima comunicazione.
La Commissione a suo giudizio insindacabile assegnerà al lavoro che riterrà degno della pubblicazione un premio di L. 100.000 (centomila). Ai manoscritti più meritevoli saranno assegnati un secondo e un terzo premio rispettivamente di lire 30.000 e 20.000.
La Commissione potrà non assegnare tutti o alcuni premi qualora i lavori presentati non rispondano ai principali requisiti indicati nel Bando; i manoscritti saranno restituiti a richiesta.
Il miglior lavoro sarà pubblicato appena possibile […]».
Il concorso letterario de 1952
L’8 gennaio 1952 la Fondazione bandì un altro concorso dopo il primo del 1947. Di nuovo, il concorso fu reso noto attraverso un manifesto che ne descriveva le regole.
Scopo della Fondazione era dare alle stampe «un opuscolo, di non più di 150 pagine dattilografate, il cui contenuto valga efficacemente a combattere i pregiudizi tuttora diffusi sugli Ebrei e sull’Ebraismo».
I manoscritti dovevano essere presentati in otto esemplari entro il 31 maggio 1952 e «all’autore dell’opera prescelta sarà assegnato un premio di lire 150.000 (centocinquantamila); il volume, largamente diffuso, sarà edito a cura e spese della Fondazione e ad essa rimarranno acquisiti tutti i diritti d’autore». Si aggiungeva inoltre un premio di 75.000 lire per il lavoro secondo classificato.
Il concorso letterario de 1947 – I testi inviati e il giudizio della Commissione
La commissione esaminatrice del concorso era composta da Dario Disegni, Dante Lattes, Riccardo Bachi, Carlo Arturo Jemolo, Benvenuto Terracini.
I manoscritti pervenuti furono in totale sette.
Luigi Bertolotti, Cause ed effetti dell’antisemitismo
Aldo De Benedetti, Gli ebrei nella realtà e fuori della realtà
Giuseppe Levi, L’antisemitismo
Roberto Assagioli, La psicosintesi del popolo ebraico
Riccardo Selvi, Le cause e gli effetti dell’antisemitismo
Berto Perotti, Strade e Inferriate
Franco Alberto Casadio, Sintesi delle opinioni sui criteri da adottarsi per uno studio curato sull’argomento dell’antisemitismo in una prospettiva storica che consenta di indagarne cause ed effetti con consapevole metodo
I commissari si riunirono il 10 novembre a Roma per esprimere un giudizio complessivo, dopo che già era avvenuto uno scambio epistolare nel quale avevano esposto alcune considerazioni personali.
La seduta, presieduta dal rabbino Disegni, si aprì alle ore 15.15, come leggiamo nella prima pagina del verbale che si conserva in minuta nell’Archivio.
«Si procede innanzitutto alla verifica dell’idoneità» dei lavori «e dopo breve discussione si ritiene di poter ammettere per i concorrenti anche il lavoro dell’ing. Aldo De Benedetti malgrado si tratti in gran parte di stralcio da un libro dello stesso autore già pubblicato, poiché … con un capitolo conclusivo costituirebbero di per sé un lavoro alquanto diverso…».
Il verbale è purtroppo mutilo, ma la quasi totale corrispondenza della prima parte del testo con la relazione presentata da Carlo Augusto Jemolo, che invece si conserva per intero, consente di pensare che la decisione presa collegialmente combaciasse nella sostanza a quanto espresso personalmente da Jemolo. Il che è confermato dal fatto che il testo di Jemolo fu corretto a mano sostituendo la frase «a giudizio del referente» con quella «a giudizio della commissione».
In essa leggiamo:
«La maggior parte dei lavori, a giudizio del referente (del referente sostituito in interlinea con della Commissione), si esclude dall’assegnazione del premio per essere estranei al tema o per la tenuità loro e per essere visioni del problema da un unico angolo, che non raggiungerebbero mai il fine propostosi dalla Fondazione.
Così il lavoro del Perotti è puramente letterario, contenente una serie di scene di guerra e di persecuzioni antiebraica: non c’è una parola sulle cause dell’antisemitismo, e gli effetti prospettati non sono che quelli troppo noti di atti di crudeltà.
Il lavoro del Selvi è brevissimo, con dati storico-etnologici un po’ fantastici, con una notevole importanza attribuita all’elemento della Cabala; se le cause sono sufficientemente accennate, agli effetti dell’antisemitismo non vedo accenno […]
Il lavoro dell’Assagioli muove esclusivamente sul terreno della psico-analisi […]
Il lavoro del Casadio rivela equilibrio e acume; ma è non il tipo di libro preso in considerazione dal bando di concorso, bensì le riflessioni, il programma ragionato per scrivere tale libro.
Sono da prendere in maggiore considerazione i lavori del Levi, del Bertolotti, del De Benedetti.
Il lavoro del Levi è abbastanza adeguato quanto alla considerazione delle cause; non lo è affatto rispetto a quella degli effetti, dove non c’è che un accenno ai più evidenti.
Interessante (quale sia il giudizio che se ne possa dare) l’idea che il compito dell’ebraismo sia di attuare il contenuto economico della Torah, in un’applicazione ch’essa non avrebbe più avuto dalla deportazione babilonese; importa però fare osservare che questa costruzione del Levi è assai discutibile dal punto di vista storico.
Quella del Bartolotti è una buona, equilibrata dissertazione, anche se contiene qualche errore e qualche lacuna. Essa è però eminentemente una dissertazione sull’antisemitismo in Europa negli ultimi due secoli. Circa le cause, più che una ricerca delle cause reali, c’è una dimostrazione della inesistenza delle cause apparenti o sempre addotte.
Esatta, ma non adeguatamente sviluppata, l’osservazione che l’antisemitismo è indice di oscurantismo. Manca la necessaria ricerca degli effetti […] Non abbastanza considerata la questione dell’antisemitismo dal punto di vista interno, cioè dei vari atteggiamenti degli ebrei di fronte ai problemi della loro vita spirituale.
Il lavoro del De Benedetti è per impostazione e sotto certi aspetti il migliore; ma ha difetti di equilibrio: le varie cause dell’antisemitismo sono bene trattate; è messa in luce l’inconsistenza di tutti gli spunti antisemiti sempre addotti. Quanto agli effetti ed ai rimedi, qui è più sensibile la notata mancanza di equilibrio del libro […] piuttosto astratta e talvolta unilaterale delle realizzazioni sionistiche e delle organizzazioni per la difesa internazionale degli ebrei.
La Commissione ritiene pertanto che non sia da assegnare il primo premio né dare corso alla stampa di alcuno dei lavori. Crede invece di dover giudicare ex aequo i lavori del Bertolotti e del De Benedetti e di assegnare loro, ripartendole in parti eguali, le somme destinate a costituire il secondo e il terzo premio».