A. Massimo Ottolenghi


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Massimo Ottolenghi nasce a Torino il 20 giugno 1915 da Giuseppe Ottolenghi e Maria Maddalena (detta Magda) Cassano. Nato da un matrimonio misto, compie la prima parte dei suoi studi al liceo D'Azeglio, dove, allievo di Augusto Monti, conosce Emanuele Artom e Oreste Pajetta, compagni che segneranno profondamente l'esistenza di Massimo, il primo dal punto di vista ebraico, il secondo da quello politico. In quarta ginnasio, il rifiuto di frequentare le lezioni di educazione fisica, per evitare di indossare la divisa, costano a Ottolenghi la bocciatura. Si trasferisce quindi a Cuneo, da uno zio materno, l'ingegner Salvator Segre, le cui figlie lo aiutano a conseguire la licenza ginnasiale. Tornato a Torino, completa i suoi studi al liceo Alfieri, quindi si iscrive e frequenta la facoltà di Giurisprudenza; si laurea nel dicembre del 1937 poi parte per Spoleto per frequentare la scuola allievi ufficiali dei Cacciatori delle Alpi. Al rientro da Spoleto, nel 1938 si trova a fare i conti con la promulgazione delle leggi razziste: il padre viene cacciato dall'Università e il matrimonio dei genitori viene annullato. In questo clima, vince un concorso presso il Ministero della Difesa per un impiego nell'Esercito, presso l'ufficio logistico Armi e Mezzi. Il suo incarico viene messo in discussione dalle alte gerarchie militari a seguito della sua ascendenza ebraica. Venute meno le ipotesi di licenziamento e di trasferimento in Spagna (cui Ottolenghi, da avvocato, riesce ad opporsi) gli viene conservato formalmente il posto con relativa retribuzione, esonerandolo dal prestare qualsiasi opera. Libero da incarichi militari, Ottolenghi inizia a frequentare lo studio dello zio materno Innocente Porrone, noto antifascista torinese, che era stato arrestato il 26 marzo del 1929 con Alberico Molinari e altri membri dell'organizzazione socialista Giovane Italia per diffusione di stampati antifascisti e condannato a tre anni di confino all'Isola di Ponza. Grazie allo zio prende contatti con gli ambienti antifascisti torinesi e viene inviato a Roma per piccoli incarichi che gli permettono di conoscere gli antifascisti che si nascondono nella capitale. Il 28 dicembre 1939 sposa Lyda Ghiron, nonostante la legislazione razziale, grazie ad un escamotage messo in atto dal padre. Il matrimonio tuttavia è di fatto nullo secondo la legislazione vigente e comportava una condanna penale. Questa situazione spinge i due coniugi a guardare con crescente interesse alla casa in montagna, nelle Valli di Lanzo, dove molti ebrei torinesi negli anni precedenti avevano l'abitudine di trascorrere la villeggiatura. Massimo e Lyda, insieme alla famiglia Ottolenghi, si trasferiscono dunque a Ceres e a Cirié. Qui Massimo organizza una rete di solidarietà cui collaborano il segretario del Comune di Coassolo, Casassa e Ada Marchesini Gobetti. Il gruppo riesce a produrre documenti e tessere varie false che permettono agli ebrei nascosti lì e nelle valli limitrofe di assumere delle nuove identità. Tra l'autunno del 1942 e l'estate del 1943 infatti tutti i comuni della valle videro accrescere la loro popolazione in misura enorme, garantendo a coloro che vi si nascondevano una certa tranquillità. Questa rete diventa fondamentale dopo l'8 settembre 43, con l'occupazione nazista. quando in montagna saliranno non solo ebrei, ma antifascisti e renitenti alla leva. L'attività non resta confinata alla produzione di documenti falsi. Ottolenghi, grazie alla collaborazione del maresciallo dei carabinieri di Ceres, crea una struttura (cui partecipa anche il Vicario di Ceres, monsignor Filippello), che permetterà agli eventuali ricercati di porsi in salvo con il sostegno della popolazione locale. Alla rete di solidarietà parteciparono anche il dottor Carlo Angela, il dottor Musso, il Cardinal Fossati, don Luigi Ulla del Centro Salesiano di Lanzo, don Guglielminotto e don Magnetti. Contestualmente inizia la collaborazione con Giulio Bolaffi, il comandante Laghi della Brigata Stellina. Dal 1944, Ottolenghi viene inquadrato nella Divisione torinese di Giustizia e Libertà con i nomi di battaglia Buby, Oliva e Ottolino. Nel giugno del 1944, nasce nella Valli di Lanzo (con l'eccezione della città di Lanzo, presidiata dalle forze nazifasciste) un'esperienza di autogoverno locale. Le valli di Lanzo vengono infatti dichiarate zona libera: nel comune di Ceres si insedia un Commissariato civile, con l'incarico di sollecitare la popolazione a formare i Cln per provvedere alla nomina di giunte comunali amministrative; vengono riaperte le scuole; Aldo Luzzatto e Franco Valabrega fondano il giornale "Scarpe Rotte"; viene costituita la polizia partigiana; Emanuele Luria assume il compito di riorganizzare il sistema di riscossione delle tasse e viene infine istituito un centro popolare di vettovagliamento per riorganizzare il sistema degli ammassi, stabilendo prezzi più equi nel commercio delle merci. Nella seconda metà di settembre, le prime ondate del grande rastrellamento dell'autunno 1944 posero fine all'esperienza di autogoverno, durata in tutto quasi 3 mesi. Proprio nell'autunno 1944, Ottolenghi viene coinvolto - come avvocato difensore - nella delicata vicenda del vicecomandante della II Divisione Garibaldi del Piemonte, Walter Alessi, accusato di alto tradimento e abbandono di comando. Grazie all'intervento di Ottolenghi, Alessi ebbe salva la vita, ma venne allontanato dalla valle ed espulso dalle divisioni garibaldine. A Liberazione avvenuta, Ottolenghi per un anno diventa direttore amministrativo del quotidiano del Partito d'Azione GL, con Carlo Casalegno e Giorgio Bocca. Terminata l'esperienza con la cessazione delle pubblicazioni del periodico, il 4 aprile 1946, Ottolenghi entra per qualche tempo in magistratura, per poi tornare all'attività di avvocato civilista nello studio legale del padre. A questo punto ha inizio la sua attività di testimone e scrittore che culmina, a partire dal anni Novanta, con la pubblicazione di opere letterarie e saggi: "Il palazzo degli stemmi", "La finestra di Kuhn", "Dal paese di Darvindunque", "Pendolo", "Perle nere. Storia di una vita ritrovata", "Per un pezzo di patria", Blu Edizioni, "Ribellarsi è giusto. Il monito di un novantacinquenne alle nuove generazioni", "Arnie di giustizia e libertà fra le toghe piemontesi". Muore a Torino, il 18 gennaio 2016
Data estesa
1824 Febbraio 04 - 2015
Descrizione Estrinseca
6 serie, 12 sottoserie, 6 sottosottoserie, 82 documenti, 96 unità

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